Buongiorno a tutti
Vincenzo Coronelli
continua la visita di Ravenna con Coronelli
Ravenna ieri e oggi
a spasso con Gaetano Savini
Corrado Ricci e Paola Novara due studiosi di storia e belle arti di Ravenna per 3 secoli diversi
Silvio Bernicoli, i suoi studi, le sue pubblicazioni raccontate un secolo dopo da Paola Novara
Mario Mazzotti
I Capitelli del Re
Sciarada in Piazza del Popolo
Il medioevo colorato dei campanili
andar per tetti a Ravenna
Come un bel sogno
Riflessi Medioevali
Qui cominciò la fede dei ravennati
San Giovanni e Paolo e le ereditĂ millenarie
Il Re in esilio
Le Ceramiche dimenticate
Dante esule a Ravenna
Dante giunge a Ravenna nel 1317 o 1318 raggiunto dai figli Jacopo, Pietro e Antonia; viene invitato da Guido Novello Da Polenta, uomo riservato, dotato di un raffinato gusto per le arti, amante della cultura, che gli mette a disposizione forse una casa.
INFERNO CANTO V
su la marina dove 'l Po discende
per aver pace co' seguaci sui.
Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.
Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.
Amor condusse noi ad una morte:
Caina attende chi a vita ci spense».
PARADISO CANTO VI
Cesare fui e son Iustiniano,
che, per voler del primo amor ch'i' sento,
d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano.
E prima ch'io a l'ovra fossi attento,
una natura in Cristo esser, non piĂąe,
credea, e di tal fede era contento;
ma 'l benedetto Agapito, che fue
sommo pastore, a la fede sincera
mi dirizzò con le parole sue.
Io li credetti; e ciò che 'n sua fede era,
vegg'io or chiaro sì, come tu vedi
ogni contradizione e falsa e vera.
Tosto che con la Chiesa mossi i piedi,
a Dio per grazia piacque di spirarmi
l'alto lavoro, e tutto 'n lui mi diedi;
e al mio Belisar commendai l'armi,
cui la destra del ciel fu sì congiunta,
che segno fu ch'i' dovessi posarmi.
Il canto dei mietitori
La falange noi siam de’ mietitori
e falciamo le messi a lor signori.
Ben venga il sol cocente, il sol di giugno,
che ci arde il sangue, ci annerisce il grugno,
e ci arroventa la falce nel pugno,
quando falciam le messi a lor signori.
Noi siam venuti di molto lontano
scalzi, cenciosi, con la canna in mano,
ammalati da l’aria del pantano
per falciare le messi a lor signori.
I nostri figlioletti non han pane,
e chi sa? forse moriran domane,
invidĂŻando il pranzo al vostro cane...
E noi falciam le messi a lor signori.
Ebbro di sole ognun di noi barcolla;
acqua ed aceto, un tozzo e una cipolla
ci disseta, ci allena, ci satolla.
Falciam, falciam le messi a quei signori.
Il sol ci cuoce, il sudore ci bagna,
suona la cornamusa e ci accompagna,
finché cadiamo a l’aperta campagna.
Falciam, falciam le messi a quei signori.
Allegri, o mietitori, o mietitrici:
noi siamo, è vero, laceri e mendici,
ma quei signori son tanto felici!
Falciam, falciam le messi a quei signori.
Che volete? Noi siam povera plebe,
noi siamo nati a viver come zebe,
ed a morir per ingrassar le glebe.
Falciam, falciam le messi a quei signori.
O benigni signori, o pingui eroi,
vengano un po’ dove falciamo noi:
balleremo il trescon, la ridda, e poi...
Poi falcerem le teste a lor signori.
Arnoldo Zaccaria Armaiolo a Ravenna
Arnoldo Zaccaria era artigiano armaiolo in Ravenna, dove nacque nel 1882.
Fece il suo apprendistato presso gli Zanotti di S. Maria in Fabriago e presso i Toschi di Villa S. Martino.
Con tali maestri, le sue doti innate gli permisero di raggiungere l’eccellenza nella costruzione di doppiette da caccia.
Con grande competenza meccanica e occhio di artista, realizzò un centinaio di fucili, fatti benissimo, belli di forma e finitura. Qualche pezzo fu inciso da Hyppolite Corombelle, che a quel tempo lavorava e viveva in Bologna.
Si sa dei suoi buoni rapporti con il costruttore belga Lajot, con visite reciproche a Ravenna e Liegi.
Tanti i riconoscimenti ufficiali, fra i quali una medaglia d’oro all’Esposizione di Torino nel 1928, il titolo di Cavaliere della Corona d’ Italia nel 1946, la nomina a Cavaliere del Lavoro nel 1952.
Sincera l’ammirazione dei suoi clienti, che lo idolatravano e non volevano sentir parlare d’altri costruttori.
Possono oggi ritenersi fortunati i pochi possessori delle sue doppiette.